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Channel: Mangiar Fiori
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Rondini sul filo

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… il 1981 … successe allora… io non potevo saperlo…
l’anno della mia morte, l’ho scoperto undici anni
dopo … ora è un bel po’ che lo so, ne sto morendo di
nuovo, ma è nell’81 che sono morto davvero… a poco
a poco fino al gran giorno, il Giorno dei Morti… è così,
non sarà mai diverso da così…

Bellissima, purtroppo anche allora… veramente
anormale, vasti occhi egiziani circondati di ombra,
bovini, due occhiaie profonde, di una lutulenza cupolucida,
roba da streghe, tenebra e scintillio… una strega
burrosa… guardatura guazzosa mostosa, come la
Mazzafirra, da scioglier le entragne… personaggio
maestoso! fascino puro! Lo dico io che l’ho arrovesciata
come il collo di un’antica capretta… delibata lembo
a lembo, basta! Non fatemi dire di più, la materia è incivile…
mi esalto, trionfo… la scuoto la prostro, eppure
è sempre il delirio, mi placo mai, ci rinuncio… alla fine
è lei che trionfa, assurge imprendibile altissima… la
prendo più… mai, che l’ho presa… la diva! percorsi
obliqui, lampi della mente che lascian di stucco, associazioni
sue strane, segrete… voli potenti vi dico, di
un’eleganza poi! certi guizzi, le ellissi! suadente come
seguisse una musica che sente lei sola, esperienza
inquietante ascoltarla, quasi le sue parole avessero
dita che ti frugano il cuore… prima un solletichino bello,
grazioso… poi certe lame! che non hai scampo! che
diventi un Francis Bacon! che ha ragione lei! sempre!
la gran filosofessa! mica poco triste sta donna, malinconica
molto, sempre in comunione con le altitudini…
gliela dettano le altitudini la sua malinconia iridescente,
le angelelle dorate gli zefiri rosa… bella quando è
così dolente, ispirata… la nobilissima virgo vestale!
che allora puoi fare il confronto fra l’epidermide che ti
è data in sorte e tutti i Misteri che si tiene per sé, allora
soltanto! allora ch’è un’Altra! che ti senti un lombrico
da tanto volteggia leggera, si libra… creatura affatata,
esistita da sempre… vede tutto sa tutto … antica,
anteriore… futura… poter salire con lei, un pochino,
alleggerire la mia vita dannata… mi guarda come fossi
lontanissimo e momentaneo, mi sorride presaga…
chissà a cosa pensa… chissà chi è… altre volte si
intorbida, le si vela lo sguardo, le iridi brulicanti di omini
che corrono, sembra gente che urla… mica uno
spettacolo che si può osservare a lungo, solo qualche
attimo, così per gentil concessione, tanto per spaventarti
un po’… che uno si faccia un’idea, nel caso sgarrasse…
una strizza vi dico, ma anche una voluttà, è
così, l’idea di conglobarsi un demone, di sollazzarsi
con la diavolessa… la strega-strega! la ex-fata, Persefone-
Luna! oscenissima casta! la Mazzafirra! pozzi
pieni di nuvole, arcobaleni di tenebre! sa le cose dell’Oltre,
la loro infausta dolcezza… parla coi morti… suo
padre, bello strego anche lui… il suo cane… ne onora
il reliquo, si circonda di icone, santini… il babbo… il
canetto… babbino… il canino… li invoca, ci parla… lingua
loro, s’intende, criptico-iniziatico-aliena, favella da
druidi, orrchlain whirr gorglowhir, mica da ascoltarla
impunemente… un brivido lungo la spina dorsale
quando la colgo… la sorprendo in cucina, guarda l’acqua
che scorre e bisbiglia quelle cose, piangiucchia…
poi ride… Canetto amato dice, io non esisto… la contemplo
tutta… la penso… la penso e la guardo insieme…
la sontuosità di questa donna! l’allure… si voltano
tutti per strada, diventano tutti bavosi, mi raggiungono
nella con-bava… la guatano a bocca aperta, lei
incede maestosa, li fende… fanno ala al passaggio,
smungono dal desiderio… è una malattia universale…
la grande cupidigia! la certezza che nessun uomo può
vederla senza infiammarsi, vecchi e piccini, chiunque!
l’ente desiderandum! l’oggetto malioso, e non l’hanno
sentita parlare! ne ignorano la beltade interiore… e spiritosa
anche, ironica dico! simpatica, nonostante! un
carattere irresistibile! la amano anche le donne! le
bestioline universe! razza di portento… canta le
romanze, una voce stupenda… ha imparato dal padre
baritono-basso… arie drammatiche cupe, altre struggenti…
una commozione panica… si inventa delle storie,
le scrive… affabula, la maliarda… storie d’amore e
di morte… di toreri, di cercatori di perle… destini tremendi,
affatturate passioni… le piace l’oceano… certe
notti mi racconta… tutta la notte a inventare, io lì siccome
un salame… magato drogato, un maialetto di
Circe… certe storie nascondono qualcosa, è l’esoterismo!
lei parte… è partita… divento furioso, le salto
addosso… l’arronciglio la squasso, però immacolabile…
mi accanisco… è la mia fine sta sfida… sento il
desiderio di tutti quelli che l’han conosciuta, ondate di
brama che mi spazzano via… è un cimento mostruoso,
fra esaltazione e sgomento… possederla per tutti…
contro tutti, che crepino tutti… insediato in lei,
fasciato della sua carne… che schiattino tutti, il
prescelto son io…
[…] … tutta una gerarchia negativa a scalare, questo
meno di quello, quest’altro ancora meno di questo,
togliere, togliere, togliere! ma bastava che in un lampo
io la pensassi… la vedessi, in sua essenza! perché
quel poco diventasse intolerando nefando, immanità
che travolgeva i miei lauri… una cosa ismisurata,
impreziosita dalla lontananza, dall’aura del tempo che
fu… parvenza di mito… originale, la vera, quella sola
la vera, adulescentula vagula blandula… scaglie d’anni
dorati, il meglio del meglio… quei giovani mutati in
Olimpî… dietro le orecchie la zona del pianto si allaga,
il contristamento mi uccide… mai la conoscerò così,
mai! che importa se ha dato poco, se ha dato meno?
altri sono stati al suo fianco non io! altri l’hanno accompagnata
a casa da scuola, altri hanno passeggiato con
lei a Villa Ada, altri le han chiesto un ballo, un sabato
pomeriggio, in una stupida festicciola che oggi mi sembra
affatata, ad altri i suoi primi rossori, tutto so, di certe
stradicciole in salita, di certe ripicche, di certe moine,
so tutto eppure riesco a sdilinquirmi nello struggimento,
nobilitato dall’elegia nel rimpianto… a lei questa
sofferenza non spiace, sfido, l’interrogo più, faccio
più i miei conteggi… ondeggio nel vago… fluttuo sospirando…
nel vago… la vagheggio così, incantevole
smalto… la penso con la dolcezza del ricordo, affondo
laggiù le radici della mia passione… per un attimo l’intera
sua vita mi appare luminosa e funebre insieme…
tutte le facce dissolte, le singole facce assunte nella
sua luce lontana… un passato compatto, indiviso…
ogni cosa giustificata, miracolo! nella curva della parabola…
dovevano essere beati una congrega beata,
angelica brigata… le guardo le lunghe dita, le unghie
lunghissime ignite, gli occhi alonati… Sei ancora un po’
quella? le dico… sospiro… adesso è ancora più bella
ma l’altra è nel mito, è passata… ha la superiorità dei
defunti… fa finta di non capire, mi dice parole sensate
mi accarezza i capelli… poi basta, fine della commozione!
propendo alla tristezza cattiva io, rancurosa…
mi ribello, li ripasso tutti quanti in rassegna, li esecro…
i semidei! gli orrendi! che spirino fra pene atroci, per
quel passato! che paghino salatissimo tutto! si salva
nessuno! basta aver ricevuto un sorriso per essere
spediti al plotone, distinguo più niente… solo un furore
tenebroso… si rovescino interi attraverso i loro sfinteri,
mi lascino in pace… mi scosto, lei ci rimane male, mi
supplica… ascolto più niente… mi rannicchio in un
angolo del letto… mi preparo alla notte, tremenda infinita…

(Michele Mari)



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